Bisogna fare attenzione a quando si fa un bonifico ai figli perché c’è un errore da non fare e che potrebbe portare delle conseguenze inaspettate e spiacevoli: ecco che cosa sapere.
Girare dei soldi al proprio figlio tramite bonifico bancario è una delle cose più semplici e comuni. Tuttavia, il Fisco è vigile anche in queste circostanze e per questa ragione è necessario avere tutte le informazioni per evitare errori.
La sentenza n. 773 della Commissione Tributaria del Piemonte del 6 ottobre 2023 ha fatto luce sul tema dei bonifici bancari dei genitori verso i figli, fissando di conseguenza importanti paletti e fornendo chiarimenti dal punto di vista fiscale e in merito al fatto che tale importo possa contribuire a formare il reddito.
In particolare, il caso preso in esame riguardava una ragazza che aveva beneficiato di un bonifico da parte del padre e aveva omesso di fornire la prova che la transazione non fosse fiscalmente rilevante. La CTR piemontese ha spiegato che il movimento avesse una rilevanza reddituale e di conseguenza soggetta a tassazione. Per evitare questo rischio è importante applicare una dicitura.
La sentenza della Commissione ha stabilito che il bonifico dei genitori ai figli costituisce reddito e quindi deve essere dichiarato. E quindi ha deciso che la figlia in questione, che ha ricevuto la somma di denaro dal padre, non fosse indenne dal pagamento delle tasse.
Tra l’altro, come se non bastasse, il Fisco aveva dalla sua parte anche il fatto che nella causale non solo non compariva la definizione di “donazione”, ma era stato scritto “restituzione”. Per questo la CTR ha considerato il denaro accreditato come possibile reddito non denunciato.
Dunque, per evitare di pagare la tassa è necessario indicare nella causale che il movimento è “fiscalmente irrilevante” proprio nel momento in cui si versano i soldi sul conto dei propri figli. Questo proprio perché al Fisco non sfugge niente, soprattutto se non ha prova che l’importo girato non contribuisca a formare il reddito.
Per scongiurare tale ipotesi, l’unica soluzione è proprio quella di indicare specificatamente che il movimento non fosse rilevante dal punto di vista fiscale. Una cosa che non aveva fatto la famiglia condannata dalla Commissione Tributaria del Piemonte che non ha voluto sentire ragioni, nonostante il fatto che la figlia si fosse difesa sostenendo che quelle erano delle operazioni nate da altri versamenti effettuati in famiglia.
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