Le persone che hanno usato Google tra il 2006 e il 2013 possono chiedere un risarcimento. Scopriamo come e perché.
Google è stata accusata di condividere i dati degli utenti con gruppi di terze parti. Anche se il gigante tecnologico smentisce quest’accusa, ha accettato di risolvere la causa. Inoltre, negli ultimi mesi anche altre società come Boohoo e Facebook sono state coinvolte in azioni legali collettive. Tutto ciò dimostra che i dati sensibili degli utenti non sono affatto al sicuro come crediamo.
Milioni di utenti di internet, che hanno utilizzato Google per effettuare ricerche tra il 2006 e il 2013, potrebbero richiedere un risarcimento all’azienda americana. Google avrebbe accettato di pagare il risarcimento che attualmente ammonta a 23 milioni di dollari.
L’azione legale collettiva deriva dall’accusa mossa nei confronti di Google per la condivisione dei dati degli utenti con siti web di terze parti, senza l’autorizzazione dei diretti interessati.
Rimborso da Google: ecco come partecipare all’azione collettiva
Chiunque desidera partecipare all’azione legale collettiva nei confronti del colosso statunitense Google dovrà presentare un reclamo entro il 31 luglio 2023. Per aderire all’iniziativa è necessario visitare il sito refererheadersettlement.com.
Qui l’utente troverà una pagina in cui è presente il modulo di registrazione. Così facendo l’interessato potrà compilare il documento, inserendo tutte le informazioni utili ad ottenere un ID membro. A questo punto, l’utente potrà inviare un ulteriore modulo e presentare la richiesta.
È opportuno specificare che coloro che hanno ricevuto l’approvazione per il reclamo hanno ottenuto circa 7,70 dollari. Ad oggi la data dell’ultimo udienza per la transazione è fissata per il 12 ottobre 2023. Chi lo desidera ha la possibilità di chiedere anche di parlare in tribunale sulla questione.
In seguito, all’accordo raggiunto, Google modificherà la sua pagina relativa alle domande frequenti (FAQ) per spiegare le circostanze in cui le ricerche degli utenti vengono condivise con terze parti. Lo scopo delle azioni collettive, come quella che si sta effettuando nei confronti del colosso americano, è quello di permettere ai consumatori di chiedere conto alle aziende delle loro azioni.
Su questa falsariga, lo scorso mese, anche il gigante della moda online Boohoo ha accettato di pagare 197 milioni di dollari. In questo caso l’accusa mossa alla piattaforma era quella di aver fatto pubblicità utilizzando falsi sconti sui loro siti. In pratica, si tratta di un’azione finalizzata ad ingannare i clienti che, convinti di effettuare l’acquisto a prezzo conveniente, si trovavano poi a comprare l’abbigliamento al prezzo originale.