Switch off digitale terrestre: perché ritarda e quando dovremo cambiare tv

Le televisioni locali chiedono la data ufficiale del passaggio al nuovo sistema DVB-T2. Quando ci sarà lo switch off?

Perché l’ufficialità sulla data della transizione al nuovo digitale terrestre tarda tanto ad arrivare?

mano preme telecomando
Nursenews

Ancora non c’è ufficialità sulla data dello switch off, quando tutte le trasmissioni passeranno cioè dall’odierno sistema del digitale terrestre DVB-T1 con codifica Mpeg-4 al nuovo standard DVB-T2 con codifica HEVC Main-10 (cioè H.265).

I piani iniziali – risalenti di diversi anni fa e più volte cambiati nel frattempo – del Ministero dello Sviluppo economico prevedevano che la transizione al nuovo digitale terrestre di seconda generazione avrebbe comportato lo spegnimento di diverse frequenze televisive e all’impiego di un numero ridotto di queste.

Ritardo switch off: ecco perché penalizza la qualità delle trasmissioni

Una transizione che nelle intenzioni si riprometteva di non penalizzare nessuno. Infatti col passaggio al nuovo codec H.265 HEVC sono necessarie meno frequenze per poter trasmettere la stessa quantità di canali radio e televisivi, anche in alta definizione/qualità. Una cosa impossibile invece con l’Mpeg-4. Di conseguenza, per poter continuare a trasmettere tutti i canali bisogna per forza abbassare la qualità (il bitrate, per essere precisi).

Ormai da diversi mesi le televisioni locali hanno rilasciato le frequenze – la famosa “banda 700” – che saranno utilizzate dagli operatori telefonici per la rete 5G. Dunque indietro non si torna. Tuttavia il codec HEVC ancora non è diventato obbligatorio e, cosa ancor peggiore per le tv locali, ancora non è stata resa ufficiale la data dello switch off.

Allo stato attuale, dunque, le televisioni e le radio locali navigano in una sorta di terra di nessuno.

Switch off, perché va per le lunghe

Stando a Aeranti-Corallo, l’associazione delle televisioni e delle radio locali italiane che rappresenta circa 600 imprese radiotelevisive, la ragione di questo ritardo va rintracciata nel pressing sul governo da parte di alcuni operatori TV nazionali. La loro tesi è che una porzione significativa dell’utenza «non sarebbe ancora dotata di ricevitori (tv e/o decoder) idonei alla ricezione DVB-T2/HEVC».

Per dirla in soldoni, in giro ci sarebbero ancora troppe tv vecchie bisognose di sostituzione. Per essere precisi, troppe televisioni, acquistate prima del 2018, da quando cioè non è più possibile vendere apparecchi non idonei allo switch off.

Da qui, stando sempre a Aeranti-Corallo, le pressioni dei grandi network televisivi per rallentare il passaggio al DVB-T2. Il loro timore è quello di perdere spettatori – che per loro vuol dire guadagni pubblicitari – perché molte tv vecchie col nuovo segnale televisivo non funzioneranno più.

La cosa che appare certa è che stime attendibili sugli apparecchi TV non compatibili – e dunque da cambiare – è praticamente impossibile farne, non essendo neanche connesse alla rete. Le stime oscillano dalle centinaia di migliaia ai milioni di televisioni da rottamare.

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