Il Fisco tiene costantemente sotto controllo i contribuenti e i loro movimenti bancari al fine di intercettare operazioni sospette e stanare gli evasori o chi ricicla denaro.
Nel momento in cui il Fisco individua un movimento poco chiaro, chiederà al contribuente di fornire spiegazioni in merito.
La lotta contro l’evasione e il riciclaggio di denaro nonché il finanziamento di atti terroristici ha assunto proporzioni maggiori durante il Governo Draghi. Il Fisco ha avuto il via libera nei controlli delle operazioni dei contribuenti. Gli strumenti che ha a disposizione per incrociare dati e riconoscere movimenti sospetti sono sempre più precisi e tecnologicamente avanzati. Ogni cittadino potrebbe finire nel mirino dell’Agenzia delle Entrate. Un solo piccolo errore e si potrà essere equiparati ad esperti criminali.
L’obiettivo è chiaro e comprensibile, ma tra i contribuenti vige la paura di sbagliare. Una causale sbagliata in un bonifico, ad esempio, potrebbe attirare l’attenzione del Fisco che procederebbe inoltrando al cittadino o all’impresa un avviso di accertamento. In questo caso, spetterebbe al destinatario della comunicazione provare la legittimità dell’operazione effettuata. Un’impresa, per esempio, potrebbe dover dimostrare che i proventi oggetto di contestazione non sono da recuperare a tassazione.
La normativa prevede che il Fisco possa inoltrare avvisi di accertamento ai contribuenti e alle imprese e che spetti a quest’ultime fornire le prove “di innocenza”. Non è il Fisco, dunque, a dover risalire all’origine di un reddito contestato ma l’accusato a dimostrare la legittimità delle operazioni.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza 2643 del 27 gennaio 2023. Nello specifico, il ricorso di una società di capitali per aver ricevuto un avviso di accertamento in cui si chiedeva la rettifica della base imponibile dichiarata e la tassazione degli altri redditi è stato respinto.
Secondo i Giudici è compito unicamente dei contribuenti dimostrare che i proventi contestati nell’accertamento non debbano essere sottoposti a tassazione. L’accusato deve comunicare se ha già indicato i redditi in dichiarazione dei redditi oppure se non li ha segnalati perché riconducibili ad operazioni non imponibili. La sua tesi dovrà essere sostenuta da prove certe e inconfutabili per far cadere i sospetti del Fisco.
La sentenza conclude sottolineando come l’Amministrazione finanziaria – dal canto suo – non sia tenuta a risalire alla fonte di reddito né a specificare l’attività produttiva da ricondurre al reddito d’impresa contestato.
Per verificare l’adempimento degli obblighi tributari e individuare operazioni sospette, il Fisco adotta vari strumenti di controllo come
Ricordiamo che così come il Fisco ha l’obbligo di segnalare all’interessato l’inizio dell’accertamento ha ugualmente l’onere di comunicare la fine dello stesso, anche nel caso in cui arrivi alla conclusione che il contribuente sta nel giusto.
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