Migliorare la propria intelligenza? Si può: ecco quali sono i 10 tratti che accomunano le persone veramente intelligenti.
Ci sono dei segnali che indicano quanto una persona è intelligente? Per gli psicologi sì, ci sono. A patto di allargare un po’ il concetto di intelligenza.
Una persona intelligente non è necessariamente il classico pozzo di scienza. Il segno dell’intelligenza è la capacità di risolvere i problemi, di trovare delle buone soluzioni. Intelligente è anche chi riesce a capire le ragioni per cui qualcuno si sente male sul piano emotivo. E anche chi è capace di esprimere un messaggio potente: con la parola scritta o con delle immagini.
Un tempo ci si limitava semplicemente a misurare il quoziente d’intelligenza. Ma adesso il test del QI è sempre meno considerato attendibile. Le ultime ricerche puntano piuttosto su un insieme di 10 tratti caratteriali che sarebbero comuni alle persone dotate di un’intelligenza fuori dalla media. Ecco quali sono.
Intelligenza fa rima con creatività. Quest’ultima, per essere sviluppata, richiede di restare aperti a nuove idee. E tanto meglio se si allontanano dal pensiero comune, dalle convenzioni condivise. Alcuni studi – come quello della London School of Economics and Political Science (LSE) – provano che le persone più conservatrici sul piano delle idee hanno un QI medio inferiore a quello delle persone più aperte (rispettivamente 95 contro 106 punti nel caso dell’indagine della LSE). Attenzione però: qui non si parla di orientamento politico ma di apertura a idee e esperienze nuove. Essere aperti alle novità aiuta a mantenere la mente più attiva.
Imparare e apprendere stimolano il cervello e “fertilizzano”, per così dire, l’intelligenza. Uno studio del Georgetown University Medical Center mostra infatti che nelle persone bilingui si trova un maggior volume di materia grigia nei lobi frontali e parietali, ovvero nelle aree del cervello coinvolte nel controllo esecutivo.
Elaborare informazioni e agevolare il ragionamento: è questa la funzione delle cellule che compongono la materia grigia. Per questo motivo la materia grigia viene messa in relazione con l’intelligenza e la capacità di trovare una soluzione ai problemi.
Di letture ce n’è a iosa. Ma non tutte stimolano allo stesso modo l’intelligenza. I contenuti “leggeri” da questo punto di vista servono a poco o nulla. Quali sono le letture più utili per l’intelligenza? Quelle che spingono a riflettere. Oppure un buon romanzo che ci fa immedesimare nei vari personaggi.
Secondo alcuni studi la lettura di buoni romanzi equivale a mandare una specie di “messaggio” per i neuroni. In più l’effetto positivo della lettura prosegue anche una volta riposto il libro. Questo perché la lettura profonda attiva svariate aree del cervello, non soltanto quelle deputate a processare le parole. Si attiva infatti anche la rete neurale di default, cioè quella associata all’intuizione e alle soluzioni geniali.
Meditare fa molto bene al cervello. La meditazione non soltanto aiuta a rilassarsi: è in grado di migliorare attenzione e memoria. E potenzia anche l’intelligenza. Uno studio di neuroscienziati californiani ha scoperto che chi meditava almeno un’ora alla settimana per 3 mesi migliorava nettamente nei test cognitivi. Molto più anche delle persone che avevano seguito un programma di allenamento cerebrale.
Un altro risultato dello studio ha rilevato un miglior livello di comunicazione tra le diverse zone cerebrali tra le persone abituate a meditare. In particolare per quel che riguarda le aree della memoria, dell’attenzione e della comunicazione.
L’abitudine ha un grosso vantaggio per noi: ci permette di risparmiare tempo. Ma se vogliamo migliorare la nostra intelligenza, le abitudini si trasformano in svantaggio. Con l’abitudine è come se il cervello mettesse il pilota automatico rafforzando connessioni neurali già esistenti. Per risolvere un problema serve però un po’ di flessibilità mentale. E a questa flessibilità si arriva con la creazione di nuove connessioni neurali.
A questo proposito i ricercatori dell’Università di Sydney hanno scoperto una relazione tra intelligenza e plasticità neurale. La ricerca di nuovi stimoli aiuta a migliorare la plasticità neurale. Non serve fare chissà cosa: possiamo semplicemente cambiare la strada che facciamo per andare ogni giorno al lavoro, provare nuovi sapori a tavola, lavarsi i denti con l’altra mano, ecc. Insomma, l’idea di fondo è che bisogna trovare modi nuovi e differenti di fare le cose per ampliare i nostri orizzonti mentali.
Le persone intelligenti non hanno paura di battere nuove strade, anche se possono sembrare assurde. Le soluzioni più geniali infatti sono saltate fuori mettendo insieme idee differentissime, che all’apparenza non avevano nulla a che fare le une con le altre. Da questo punto di vista è fondamentale non chiudersi nel proprio ruolo di esperti. Uno studio della Cornell University ha mostrato che le persone che si reputano esperte in un determinato settore sono anche quelle più inclini ad avere una mentalità chiusa nel loro campo di competenza.
Il motivo di fondo è che sono convinte di non aver nulla di nuovo da imparare. Così facendo però non fanno altro che chiudersi, precludendosi la possibilità di apprendere dalle nuove scoperte e dagli aggiornamenti. In sostanza, tagliano i ponti con le sfide per l’intelligenza.
Il cervello ha bisogno di sonno. Durante la fase del sonno, hanno scoperto di recente i neuroscienziati, il nostro cervello si libera dagli scarti del metabolismo. Dormire poco dunque ricade negativamente su pensiero, memoria e attenzione. Il cervello di chi passa la classica notte in bianco, si è scoperto, è come se per pensare fosse costretto a “pompare” disperatamente energie dalla corteccia prefrontale.
C’è poi il fatto, emerso da uno studio dell’Institute of Neuroscience and Medicine-4 in Germania, che il cervello di chi dorme poco va incontro a cambiamenti. Che come effetto hanno l’instabilità cognitiva. Infine, dormire il giusto numero di ore toglie impatto emotivo ai problemi. Il che significa che a mente più fresca e riposata sarà più facile trovare la soluzione ai problemi.
Quando abbiamo un problema da risolvere una buona tattica è quella di parlare da soli. Lo dicono gli psicologi della University of Illinois. Lo hanno scoperto chiedendo a un gruppo di persone di motivarsi mentre erano alle prese con la risoluzione di alcuni anagrammi. Ad alcune di loro è stato chiesto di motivarsi solo mentalmente, mentre ad altre i ricercatori hanno detto di farlo parlando da soie ad alta voce. Queste ultime non solo riuscirono a risolvere più anagrammi delle prime, alla fine risultarono anche quelle più contente della loro performance.
Questo risultato si deve al fatto che se siamo alle prese con un compito difficile per noi è più facile trovare la soluzione traducendo il pensiero in parole. Tradurre i pensieri in parole: ecco perché spesso i bambini parlano ad alta voce mentre fanno i compiti a casa o provano a risolvere un problema.
Anche correre fa bene alla nostra intelligenza. Se ne accorsero i neuroscienziati della Harvard University quando fecero correre delle persone per circa una mezz’oretta mentre ad altre dissero di fare esercizi di stretching.
Così scoprirono che correre fa aumentare il flusso sanguigno ai lobi frontali, quelli coinvolti non soltanto nella risoluzione dei problemi e nei processi decisionali, ma che aiutano anche a gestire meglio le emozioni. Insomma, è vero che correre libera la mente.
Fatica fisica e stress mentale non aiutano a risolvere i problemi. I ricercatori dell’Università del Texas hanno scoperto che la corteccia prefrontale di una persona esaurita funziona a mezzo servizio. Questo perché diminuisce molto l’afflusso di sangue verso queste zone del cervello.
Esaurire le proprie energie si traduce in idee confuse, minore attenzione e minor capacità di prendere buone decisioni. Dunque riposare a sufficienza prima che le batterie si scarichino è un’altra buona tattica per migliorare l’intelligenza.
Infine va sottolineato che l’intelligenza non deve mai dimenticare due virtù: gentilezza e rispetto. Chi disprezza qualcun altro ritenendolo poco intelligente (o meno intelligente di lui) si rivela, lui sì, poco intelligente. Dimentica infatti che ogni persona ha il suo mix di talenti e abilità, che merita rispetto a prescindere.
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