Si possono ancora cambiare le vecchie lire, ormai fuori corso, in euro? Ecco cosa hanno detto la Corte Costituzionale e quella di Cassazione.
Si tratta di una domanda non indifferente. Soprattutto per chi si trova in mano un ingente importo della vecchia moneta nazionale e cerca di avere il corrispettivo in euro. Vediamo quello che si può fare.
Se non a tutti, a tanti sarà capitato, magari rovistando in qualche cassetto da tempo dimenticato, di veder ricomparire, come il relitto di un lontano passato, qualche vecchia banconota in lire. Ormai la cara vecchia lira è fuori circolazione da 20 anni. Il valore affettivo però viene subito meno se l’importo che ci troviamo tra le mani non è trascurabile. In quel caso il primo pensiero è inevitabilmente questo: posso ancora cambiare le lire in euro?
A questo punto si apre un problema di non facile soluzione. Sul quale, ricordano gli esperti di diritto, si sono più volte occupate nientemeno che la Corte Costituzionale e quella di Cassazione. Il punto è che la legge che dava tempo fino al 2012 per chiedere il cambio lira-euro è stata dichiarata costituzionalmente illegittima. Ma al tempo stesso bisogna fare i conti con altre norme: quelle sulla prescrizione dei diritti, che in questo caso scattano senz’altro dato che la lira è una moneta che non ha più corso legale. Ciò significa che non si può più scambiare a vista. E dunque la Banca d’Italia e le altre banche possono rifiutarsi di accettarla quando si vedono presentare la richiesta oltre la scadenza fissata per legge.
Come era prevedibile, la cosa ha portato qualcuno ad agire in giudizio contro la propria banca quando si rifiutava di cambiare le vecchie lire in euro. Ma c’è anche chi ha agito contro lo Stato che non permetteva di fare questa operazione. Adesso però una nuova sentenza della Cassazione apre una nuova via a chi non vede l’ora di sbarazzarsi delle ormai inservibili lire.
La Suprema Corte ha sentenziato che la prescrizione può essere interrotta. Dunque il periodo comincia a decorrere da capo. Però c’è un però. È: necessario poter dimostrare di aver fatto all’epoca, prima che maturasse la prescrizione – e non oggi per la prima volta – una tempestiva richiesta di farsi cambiare le lire in euro. Chi ci riuscirà a farlo potrà ancora richiedere il cambio delle lire in suo possesso.
Entrando più nel dettaglio, con l’introduzione dell’euro le lire hanno smesso di avere corso legale. Come termine ultimo per convertire in euro banconote e monete del vecchio conio in lire, la legge aveva indicato una data di scadenza, originariamente fissata al 28 febbraio 2012. Il problema è che un successivo decreto legge emanato in via d’urgenza aveva anticipato, con decorrenza immediata, la data entro cui era possibile ancora fare il cambio lira-euro. La data era stata anticipata di qualche mese, cioè al 6 dicembre 2011.
Così diversi cittadini sono rimasti, come si dice, col classico cerino in mano (in questo caso a forma di vecchia lira). Credendo di avere ancora tempo per convertire le lire che avevano in euro, si sono visti impedire questa possibilità rimanendo per così dire “bruciati”.
Nel 2015 sulla questione è intervenuta la Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la nuova norma per la parte in cui anticipava bruscamente il termine ultimo per perfezionare il cambio. Un decreto emanato dal 2016 dal Ministero dell’Economia e Finanze ha dato attuazione alla pronuncia della Corte Costituzionale. In sostanza il decreto consentiva di fare il cambio lire-euro a chi lo aveva chiesto nel periodo compreso tra il 6 dicembre 2011 e il 28 febbraio 2012.
Sul proprio sito web la Banca d’Italia spiega che c’è ancora la possibilità di convertire le vecchie lire in euro. A una condizione però. Cioè quella di riuscire a dimostrare di aver fatto richiesta di cambio proprio in quel periodo. Cioè tra il 6 dicembre 2011 ed il 28 febbraio 2012. Mentre per chi aveva presentato la richiesta già in precedenza il cambio è sempre ammesso.
Come fare a provare di aver fatto la richiesta? In primo luogo presentando una domanda scritta e firmata alla propria banca oppure direttamente indirizzandola alla Banca d’Italia (alla sede centrale o a una delle filiali periferiche), anche via pec o posta elettronica.
Niente da fare dunque per chi all’epoca non ha presentato questa richiesta o non è in grado di dimostrarla. Non potrà più farsi cambiare le lire in euro. Si tratta di regole che valgono soltanto per il nostro Paese. Gli altri Stati membri Ue hanno stabilito in autonomia come regolarsi sulla scadenza per cambiare in euro le antiche monete nazionali.
Con la sua nuova sentenza la Corte di Cassazione ha ribadito che vale la regola generale della prescrizione decennale (come sancito dall’articolo 2946 del Codice civile) per non perdere il diritto alla conversione lire-euro. Ma ha anche detto che questo principio generale deve coordinarsi con la normativa speciale di cui abbiamo parlato. È necessario dunque dimostrare di aver fatto domanda di cambio alla banca in maniera tempestiva, così da poter interrompere il conto del termine di prescrizione prima della scadenza dei dieci anni.
In base a questi criteri un cittadino si è visto respingere in via definitiva dalla Cassazione la richiesta di poter cambiare ben 110 milioni di vecchie lire in suo possesso. I giudici della Suprema Corte hanno spiegato che «la dichiarazione di incostituzionalità dell’abbreviazione del termine ha fatto rivivere il termine precedente». Per tale motivo andava dunque giudicata «corretta la tesi della banca». Per l’istituto di credito infatti andava dimostrato «che entro quel termine (28 febbraio 2012), ossia quello originario e tornato in vigore dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, era stata formalmente chiesta la conversione delle banconote».
Fumata nera dunque per chi ha chiesto per la prima volta dopo il febbraio 2012 di vedersi convertire le vecchie lire in euro.
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