Da anni è il gioco dei sogni che fa impazzire un popolo di giocatori storici come quello italiano. Ma chi ha inventato il Gratta e vinci?
Un gioco che ha saputo mescolare tradizione e innovazione, Italia e America, caso e protagonismo. Ma che soprattutto ha fatto le fortune delle casse dello Stato.
Italiani, popolo di santi, poeti e navigatori. Da decenni ormai anche popolo di ‘grattomani’, con miliardi e miliardi di biglietti comprati alle spalle (o, per meglio dire, sulle tasche). Parliamo dei tagliandi della lotteria istantanea made in Italy per eccellenza, quella che ci mise poco più di un mese a diventare la grande passione degli italiani.
Naturalmente si tratta del Gratta e vinci, croce e delizia per un popolo di giocatori. Sicuramente delizia per le casse dell’erario, rimpinguate di vagonate di miliardi grazie a questa macchina della felicità.
Gratta e vinci, qual è l’idea-base della lotteria istantanea
Per dare un’idea delle cifre in ballo, all’epoca si stimava che solo il primo anno la nuova lotteria avrebbe fruttato 240-250 miliardi di vecchie lire alle casse dello Stato. Il gioco legale frutta un bel po’ di entrate allo Stato, che nel 2019 dalle lotterie – incluso dunque il Gratta e vinci – ha guadagnato ben 9 miliardi di euro.
Un’idea geniale nel suo genere, partorita ormai diversi decenni fa, quando si cominciò a pensare a un nuovo gioco a premi. L’idea di fondo era semplice: perché aspettare i giorni o il periodo dell’anno prestabiliti per far sognare gli italiani – e soprattutto per far incassare tanti bei bigliettoni allo Stato – quando li si può far sognare 365 giorni all’anno, a ogni ora del giorno e della notte?
Gratta e vinci, una macchina per fare soldi
Insomma, un Paese dei balocchi non-stop. Uno scenario reso possibile dal successo enorme del Gratta e vinci, al tempo stesso fabbrica dei sogni e macchina fruttasoldi. La risposta degli italiani è ben nota: a frotte si sono precipitati nella lotteria che ha fatto impazzire miriadi di persone. La febbre del Gratta e vinci oggi è una realtà consolidata e sostenuta da un popolo che ogni giorno gioca, scommettendo sul tagliando vincente più o meno a ciclo continuo.
Siamo in presenza del gioco perfetto? Lo è sicuramente almeno per una delle due parti in gioco (è decisamente il caso di dirlo). Forse un po’ meno per l’altra, quella che ogni giorno gratta e spende investendo soldi in un gioco che, certo, a qualche fortunatissimo vincitore ogni tanto cambia la vita. Ma come si sa, i baciati dalla Fortuna sono piuttosto pochi.
Quando è nato il Gratta e vinci
Ma quando è nato esattamente il Gratta e vinci? La lotteria istantanea che ha conquistato i cuori degli italiani nasce ufficialmente nel 1991. Ma il battesimo effettivo avviene nel 1994, grazie al Governo guidato da Carlo Azeglio Ciampi, che con gli introiti del fortunatissimo gioco (introdotto con la manovra finanziaria 1994) foraggerà il piano salva lavoro di Gino Giugni, alla testa di quello che allora si chiamava Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.
Da allora in avanti gli italiani, abituati ad attendere con spasmodica eccitazione le estrazioni del Lotto per provare a ingraziarsi la dea bendata e sperare in una rocambolesca vincita, si sarebbero potuti dedicare al gioco senza interruzione di continuità. Una novità mica da poco. Anche in questo, come in tante altre cose, da capofila aveva fatto l’America. Già da una ventina d’anni negli Usa il gioco infatti era già presente quando faceva i suoi esordi anche nel Belpaese.
Gratta e Vinci, chi è il ‘padre’ della lotteria dei sogni
Non è un caso che proprio negli States, in Florida, per essere precisi, operi quasi in gran segreto, all’interno di uno stabilimento semisconosciuto, IGT. Una sigla che sta per International Game Technology: è la società che comprende anche l’italiana Lottomatica, attiva 24 ore su 24 per sfornare la cifra ‘monstre’ di 11 miliardi di tagliandi ogni anno. Biglietti destinati a finire in ogni angolo del pianeta.
Invece in Italia almeno nei primi tempi le cose procedettero in maniera un po’ differente. Agli albori da noi c’era “Archimede 2000”, la macchina sforna-Gratta e vinci, e l’industria dei sogni: lo stabilimento Nomentano del Poligrafico dello Stato. Ma il bunker segreto del Gratta e vinci si trovava nelle stanze romane del Poligrafico, il regno di quello che può essere considerato il padre della “instant lottery” all’italiana: l’ingegnere napoletano Francesco Mazzuoccolo. Per vent’anni al servizio dell’Istituto di stampa, dove ha trascorso una vita a fare francobolli, è poi passato a capo della squadra che ha creato la lotteria che ha fatto andare su di giri tutti gli italiani. Ma non solo: c’è il suo marchio anche sui giochi che hanno invaso ricevitorie e tabaccherie di tutta Italia. Come la Tombola natalizia e il Sette e mezzo, per citare altri due trionfi ‘figli’ dell’ingegnere partenopeo.
Tradizione e innovazione: il segreto del Gratta e vinci
Il tutto con la benedizione, va da sé, del Ministero delle Finanze o dei Monopoli di Stato, ben felici che gli italiani sfregassero sui giochi con le loro monetine (dopo averne versate altre per procurarseli ovviamente). Il segreto del Gratta e vinci? Prima di tutto le regole di quei giochi, che provenivano chiaramente dalla tradizione partenopea e finiranno per essere riportate fedelmente anche sui biglietti del Gratta e vinci. Come tutti i concorsi progettati, del resto, pensati per richiamare alla mente dei compratori altri giochi già conosciuti, tipici della tradizione italiana. Tradizione alla quale si accompagnava una seconda grande innovazione: provare la fortuna sempre, in ogni modo e con ogni gioco.
Il Gratta e vinci ha fondato le sue fortune su questa miscela ben assemblata di gioco, carte e tradizione, che permetteva al tempo stesso di vincere subito, sentirsi protagonisti e gratificati da una piccola emozione. Anche vincere diecimila lire faceva iniziare la giornata lavorativa sotto un segno diverso, più felici. Il tutto partiva in un laboratorio chimico dove la magia si mescolava alla scienza chimica, l’artigianato alla progettazione industriale. A condire il tutto un pizzico di segreto da spy story (non erano pochi gli Stati disposti a fare carte false per mettere le mani sui brevetti).
Cambiano i tempi, ma non la sostanza del gioco
Artigianato d’avanguardia messo al servizio della casse dello Stato. Uno scenario decisamente mutato oggi, dove a prendere piede sono sempre più le macchine, con computer al posto del geniale ingegnere napoletano che studiava ogni cosa.
Ma al di là di questo dettaglio romantico, una nota quasi da amarcord, la sostanza è cambiata di poco, se non di nulla. All’atto pratico infatti a vincere è sempre e comunque il banco, la mano invisibile che ci guadagna sempre. E la cosa non sorprende. In fondo è l’unica regola eterna di questo gioco.