Superbonus, per alcuni contribuenti esiste ancora la possibilità di cedere il credito a terzi, sfruttando una possibilità prevista dal decreto del 2020.
Continua a fare molto discutere l’improvvisa e repentina scelta del governo Meloni di mettere fine alla cessione del credito. Una decisione che l’esecutivo ha più volte difeso, spiegando come fosse ormai l’unica soluzione possibile, a fronte di un mercato ormai drogato dai crediti edilizi.
Il problema però è che questo stop improvviso ha messo in difficoltà tantissime aziende, che si sono ritrovate in pancia dei crediti che non possono più vedere. E tantissimi soggetti che avevano già aderito al superbonus, ma non riuscendo più a completare tutte le pratiche entro il termine ultimo fissato dal governo al 31 Marzo, vedranno decadere l’agevolazione.
Per questa categoria, esiste però una possibilità che era già stata prevista dal decreto 24 del 2020, all’articolo 121. Il DL infatti ha previsto, per tutti coloro che pur avendo già effettuato interventi di ristrutturazione con il superbonus, non hanno la possibilità di vedersi sottratta questa spesa nella dichiarazione dei redditi, possono comunque cedere questo credito a un soggetto terzo che non sia un ente finanziario o bancario. Una cessione dunque, che a queste condizioni, può essere fatto nei confronti di qualunque soggetto individuale.
È però indispensabile che in questo il cessionario sia in grado di dimostrare di avere una ricchezza tale in termini di patrimonio e reddito, da compensare il credito d’imposta comprato, al momento della nuova presentazione del modello F24. In genere, possono essere considerati cessionari, secondo le modalità previste dal decreto. sia i soggetti privati che gli imprenditori, liberi professionisti e società commerciali.
La possibilità da parte del cessionario di poter acquistare il credito d’imposta, viene dunque calcolata in base alla sua capienza fiscale. Ovvero, in base alla sua reale capacità, da un punto di vista economico, di poter sostenere l’acquisto del credito. La capienza fiscale viene calcolato in base alla cifra e l’entità delle tasse che il soggetto versa ogni anno nelle casse dell’erario. In genere, i cessionari, prima di avventurarsi in questa operazione di compravendita, sono tenuti a consultare un commercialista, mostrandogli in primo luogo tutta la documentazione prevista dalla cessione dei crediti del superbonus. Spetterà poi al professionista incaricato, informare il contribuente della capienza fiscale che gli attribuisce lo stato italiano, e se viene dunque considerato idoneo ad acquistare il credito edilizio.
Nel momento in cui tutti i requisiti vengono rispettati da entrambe le parti in causa, si può finalmente stipulare il contratto di cessione. In questo caso verranno definiti tutti i diritti e gli obblighi, sia da parte del cedente che dell’acquirente di un credito di imposta.
Ma quanto può essere conveniente per un imprenditore privato acquisire un credito d’imposta a queste condizioni? Prendiamo l’esempio di un imprenditore di nome Mario Rossi, titolare di una ditta di arredamento con più di sei dipendenti e un fatturato superiore al milione di euro. Ogni anno, tra le varia tasse che paga per dipendenti e relativi contributi, Iva e Irpef, il suo debito con l’erario è di circa 200mila euro annuali. Questo imprenditore potrebbe decidere di acquistare crediti fiscali, da utilizzare nei prossimi 4 anni, considerato il limite massimo di 200 mila per anno, e dunque 800 mila euro complessivi. Acquistando un credito d’imposta, l’imprenditore avrebbe in questo modo la possibilità di risparmiare il 16,67 per cento? Come si arriva a questa percentuale?
Trattandosi di un superbonus al 110 per cento, la cifra del credito, che quantifica l’entità dei lavori svolti e il loro costo, non coincide con quella realmente spesa dal beneficiario del bonus edilizio.
Questa viene appunto maggiorata, in funzione di un bonus che copre più del 100 per cento della spesa sostenuta. Questo significa che un credito edilizio di 120mila euro, può essere acquistato a circa 100mila dall’imprenditore. Che potrà dunque sfruttare la quota in eccesso per risparmiare sulle tasse.
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