È uno scenario da paura quello che rischia di aprirsi con la stretta decisa dal Governo sul Superbonus 110%.
Rischia di innescarsi un effetto domino che potrebbe travolgere decine di migliaia di imprese e una marea di ignari cittadini. Colpevoli di essersi soltanto fidati delle promesse dello Stato.
È un tema che scotta – e scotterà sempre più – quello del giro di vite del governo al Superbonus 110%. Si preannuncia una vera e propria gatta da pelare per la maggioranza di centrodestra. Ma se si trattasse soltanto dell’ennesima polemica politica importerebbe davvero poco. Il problema è che qui stiamo parlando di una questione che, prima ancora che le ovattate stanze della politica, tocca direttamente le tasche di imprese e cittadini.
Da qui le divisioni in campo politico. Che però appaiono davvero poca cosa davanti alle potenziali conseguenze della stretta decisa dall’esecutivo. Le mosse del Governo sul Superbonus 110% rischiano infatti di ricadere non soltanto sui partiti del governo, ma soprattutto su una larghissima platea di imprese e cittadini. Che hanno avuto l’unica “colpa” – sottolineiamo le virgolette – di essersi fidati delle promesse dello Stato (in quel momento rappresentato dal governo targato Giuseppe Conte).
Stop al Superbonus 110%: il pericolo dell’effetto domino dietro l’angolo
Si tratta di uno tsunami che potrebbe travolgere decine di migliaia di imprese (si stima che siano circa 50 mila quelle che rischiano il fallimento). Un crollo che potrebbe portarsi dietro anche altre rovine: quelle dei condomini che potrebbero vedersi costretti a sborsare cifre del tutto inattese. Con la conseguenza che le case pignorate – e dunque destinate all’asta – potrebbero essere milioni. Lo stop alla cessione del credito maturato col Superbonus 110% sta portando a effetti di incalcolabile portata.
È uno scenario a dir poco preoccupante quello evocato da Giuseppe Izzo, ceo di Uese Italia spa, una delle società che fornisce assistenza alle imprese per la richiesta della Soa, l’attestazione che consente alle società edili di partecipare agli appalti pubblici. «Le imprese edili si stanno rivolgendo ai proprietari di casa per ottenere il denaro necessario per procedere al completamento dell’opera iniziata», spiega Izzo a Adnkronos. Un effetto domino in piena regola. Parliamo, sottolinea Izzo, di cifre che vanno dai 25 mila ai 30 mila euro. E che spesso non possono essere onorate da chi, in mancanza della garanzia della cessione del credito, mai avrebbe dato il via libera alla ristrutturazione del proprio immobile. E così, a cominciare da settembre, «c’è il rischio che molte abitazioni possano essere oggetto di pignoramento, fino alla messa all’asta. Milioni di appartamenti che potrebbero persino essere persi dai legittimi proprietari che, di fatto, si sono limitati a fidarsi dello Stato».
Superbonus: il blocco della cessione del credito mina l’economia reale
Un problema, più ancora che serio, dalle proporzioni drammatiche. E che interessa in particolare chi ha cominciato coi lavori a partire da ottobre 2022. Il risultato è che le imprese edili a rischio fallimento, da una parte, e gli ignari cittadini “colpevoli” di essersi fidati dello Stato, dall’altra, finiscano per confrontarsi in tribunale. Si tratta di un’ipotesi tutt’altro che teorica, sottolinea l’architetto Giulia Latessa, direttore Generale della PV Services srl di Vicenza, partner tecnico di numerosi general contractors italiani.
«Sono in migliaia», spiega l’architetto Latessa, le ditte che si apprestano a muoversi in tal senso. «Con il blocco della cessione del credito, si mina l’economia reale, quelle piccole e medie attività che, da sempre, rappresentano un punto di riferimento essenziale». A titolo di esempio, Latessa ricorda il «pellegrinaggio continuo di imprenditori che sono ormai sul lastrico». Un intervento, conclude il direttore Generale della PV Services , a questo punto è doveroso, oltre che urgente. «Un dovere per chi si è fidato dello Stato e delle sue norme».