Quando aumenteranno le pensioni a seguito della rivalutazione introdotta dalla manovra di Bilancio del governo Meloni?
Col cedolino di gennaio non è scattato l’adeguamento: l’Inps ha dovuto rimandare la rivalutazione degli assegni. Una nota dell’istituto annuncia ufficialmente la data degli aumenti.
Come si sa, con la legge di Bilancio l’esecutivo ha cambiato le percentuali di rivalutazione per le pensioni 4 volte superiori al trattamento minimo (circa 2.100 euro lordi). Ma l’Inps non ha avuto il tempo sufficiente per adeguare il proprio sistema di calcolo alle novità presenti in manovra. Per questo motivo a gennaio di quest’anno sono aumentate soltanto le pensioni entro i 2.100 euro. Per le altre l’istituto ha dovuto attendere la pubblicazione in Gazzetta ufficiale (il 29 dicembre 2022) prima di potersi attivare. Un tempo insufficiente per rivalutare non solo il cedolino di gennaio ma anche quello di febbraio (che viene elaborato attorno alla prima metà del mese precedente).
Dunque la rivalutazione slitterà ancora e ci si chiede quando si vedranno gli aumenti dell’assegno. A questi interrogativi ha risposto l’Inps con una nota di fresca pubblicazione.
Quando scatterà davvero l’aumento delle pensioni
L’ultima manovra ha modificato le percentuali di rivalutazione delle pensioni. Per quelle inferiori a 2.100 euro non ci sono state novità, così l’Inps ha potuto adeguare l’assegno già a gennaio applicando il tasso di perequazione del 7,3% (al quale però è stato sottratto il 2% anticipato già a ottobre 2022).
Per le pensioni superiori a 2.100 euro la rivalutazione sarà meno sostanziosa. In particolare il tasso di rivalutazione delle pensioni seguirà queste percentuali:
- 4-5 volte il minimo: 85%
- 5-6 volte minimo: 53%
- 6-8 volte il minimo: 47%
- 8-10 volte il minimo: 37%
- Oltre 10 volte il minimo: 32%
Nella sua ultima nota l’Inps, dopo aver spiegato perché gli adeguamenti al caro vita degli assegni non sono scattati subito, ha garantito che la rivalutazione per le pensioni superiori a quattro volte il trattamento minimo sarà applicata a marzo. Col cedolino di marzo dunque la pensione sarà ricalcolata sulla base della percentuale di rivalutazione (un aumento da considerare al lordo delle imposte). Inoltre saranno riconosciuti anche gli arretrati dei mesi precedenti, dunque relativi a gennaio e febbraio 2023.
Cosa succederà con la differenza dello 0.8%
Con quale percentuale di rivalutazione però? Il decreto del Mef che aveva dato il via libera alla rivalutazione per il 2023 fissando il tasso di riferimento risale al 9 novembre scorso. Allora però non era ancora disponibile il tasso di rivalutazione definitivo ma soltanto un valore provvisorio pari al 7,3%.
Il tasso definitivo è arrivato a inizio gennaio, quando l’Istat ha reso nota la variazione media dell’indice dei prezzi degli ultimi 12 mesi, corrispondente all’8,1%. Le pensioni andranno dunque rivalutate in base al tasso di riferimento dell’8,1%, con una differenza dello 0,8%.
Da quando però? Non a marzo perché la normativa stabilisce per i primi 12 mesi si utilizzerà comunque il tasso provvisorio. Per la differenza tutto è rimandato a un conguaglio da effettuare nel gennaio dell’anno successivo.
Dunque per tutti la differenza dello 0,8% – piena per le pensioni inferiori ai 2.100 euro, ridotta secondo le percentuali di cui sopra per le pensioni superiori a questa cifra – non arriverà prima di gennaio 2024. A meno che il governo Meloni non decida, come aveva fatto il precedete esecutivo col decreto Aiuti bis, di anticipare il conguaglio.