Molto preso l’euro digitale potrebbe diventare realtà. Sarà però qualcosa di molto diverso rispetto alle criptomonete.
C’è infatti molta confusione tra euro digitale e criptomoneta (come i bitcoin), un concetto a mezza via tra una nuova forma di investimento e un grosso punto di domanda, visti i recenti crolli di valore (per non parlare delle vere e proprie truffe).
Presto entrerà nelle nostre vite. Parliamo dell’euro digitale. Nel 2023 la Commissione europea presenterà un progetto di regolamento per dare alla Bce – che da tempo sta lavorando su questo – i poteri per gestire autonomamente una moneta digitale.
Si tratta di qualcosa di completamente diverso dal denaro digitale delle criptomonete tipo il bitcoin, dove non esiste un’entità centralizzata che le emette. Il denaro digitale è una emissione sostanzialmente privata di titoli di credito esigibili presso l’entità che li ha emessi, la quale in cambio mette a disposizione un servizio oppure offre un ritorno sugli investimenti.
Invece l’euro è un titolo emesso e garantito dalla Bce. L’euro digitale sarà qualcosa di completamente differente dalle criptomonete (o comunque da strumenti di credito o di investimento) che hanno natura altamente speculativa, dato che il loro valore deriva dagli scambi e dai passaggi di questa valuta.
Un’altra categoria di criptovalute è quella delle cosiddette stablecoin, ovvero le monete elettroniche stabili. Sono emesse da privati, ma a garantire la loro stabilità ci sono titoli solidi. Vale a dire che il loro valore è legato a titolo che hanno la garanzia da parte di autorità centrali. Una base che può essere costituita da un paniere fatto da una sola moneta (dollaro o euro ad esempio) o da titoli di Stato. O comunque da asset reputati sicuri e che dunque rendono la componente di rischio degli stablecoin molto meno elevata rispetto a quella dei bitcoin.
È vero che l’anno scorso i crolli più pesanti hanno riguardato proprio due stablecoin, ma in quel caso la garanzia era rappresentata soltanto da un algoritmo (algorithmic stable coins) che garantiva una criptomoneta con un’altra criptomoneta. Una sorta di moto perpetuo inesistente in natura, hanno detto alcuni. Forse l’immagine più adatta è quella del circolo vizioso o, meglio ancora, quella del barone di Münchhausen, il protagonista dell’omonimo romanzo che pensava di strapparsi dalla palude in cui si era impantanato tirandosi per i capelli.
Comunque sia, quanto successo ha confermato, nel caso ce ne fosse bisogno, la necessità di regolamentare questi strumenti finanziari. Da qui l’adozionen da parte europea, del MiCA (Markets in Crypto-assets), il regolamento dei mercati delle cripto-attività. Presto entrerà in vigore e sarà la prima legislazione al mondo a classificare e regolamentare tutte le monete elettroniche.
Così le stablecoin dovranno essere autorizzate e le autorità competenti verificheranno che le garanzie siano sufficienti (un algoritmo non pare offrirne abastanza, come visto). Anche gli enti che emettono le criptomonete dovranno registrarsi e dare una serie di informazioni sui rischi ai consumatori. Rispetto alle stablecoin, la regolamentazione sarà comunque più elastica per non comprimere la libertà individuale di assumersi delle responsabilità accettando di avere a che fare con asset rischiosi.
Un’altra categoria riconosciuta dal regolamento MiCA è quella dei cosiddetti token di utilità. Si tratta di una specie di voucher per finanziarsi senza fare ricorso a investimenti veri e propri, offrendo in cambio la possibilità di accedere a un servizio. Per poter rientrare nella categoria dei beni mobili e finanziari devono essere fungibili.
C’è poi l’altra novità: lo smart contract, il contratto intelligente. Un esempio pratico di questo contratto “smart” potrebbe essere quello dell’interazione tra la colonnina di ricarica e un’auto elettrica. Collegando la propria auto alla colonnina l’utente aderisce già a un contratto col quale ha istruito il proprio mezzo a comunicare con la rete di ricarica, scambiando informazione utili per ricaricarsi quando occorre.
L’euro digitale non rientra in nessuna di queste categorie. È una categoria nuova chiamata Central Bank Digital Currency (CDBC): una moneta elettronica emessa e garantita dalla BCE. Sarà la Banca Centrale Europe a regolarne il funzionamento e a supervisionare la clearance fra i diversi enti che distribuiranno l’euro digitale, come accade attualmente nel sistema interbancario. Questo significa che le banche e gli intermediari tradizionali che conosciamo per la cartamoneta garantiranno la distribuzione dell’euro digitale attraverso dei bancomat digitali e continueranno a gestire i servizi che ruotano attorno alla filiera dei pagamenti.
Qual è la vera innovazione dell’euro digitale? Sta nel fatto che si tratta di una moneta non legata da un contratto con un provider di denaro digitale, vale a dire con un’azienda che concede credito (come una banca o un portafoglio di criptomonete). Chiunque potrà disporre degli euro digitali come se avesse in mano delle banconote.
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