Nel 2050, ci sarà un solo lavoratore per ogni pensionato. Ecco il motivo dell’importanza della riforma.
È scattato al ministero del Lavoro il tavolo di confronto tra Esecutivo e parti sociali per la riforma delle pensioni. Qualunque intervengo si decide di fare, si dovrà considerare l’attuale scenario di spesa pensionistica così come dell’evoluzione demografica. E poi, non meno importante, si dovrà considerare l’andamento del mercato del lavoro in uno Stato come l’Italia che ha un tasso di occupazione tra i meno alti in Unione Europea.
A parlare è stato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che durante la riunione ha spiegato che lo scenario per il 2029 è critico, con un rapporto tra lavoratori e pensionati che da 1,4 arriverà a 1,3 per poi raggiungere, nel 2050 l’uno a uno.
Qualunque scelta di anticipo in merito all’età di vecchiaia dovrà prendere in considerazione l’andamento dell’aspettativa di vita, che con il Covid è scesa ma forse si sta riprendendo, e avere a che fare anche con i contributi versati. Si potrebbe inoltre optare per la via dell’anticipo per quelle categorie che navigano maggiormente in acque complicate, seguendo la scia delle regole dell’Ape sociale.
Il ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone, ci ha tenuto a precisare che «si lavorerà per trovare meccanismi di ulteriore miglioramento dell’attuale normativa vigente per quanto riguarda, in particolare, la flessibilità in uscita, specialmente in riferimento alle categorie più interessate da lavori usuranti».
L’Esecutivo, infatti, intende «ripristinare permanentemente il Nucleo di valutazione della spesa previdenziale» per meglio tenere sotto controllo gli aspetti che influiscono sulla spesa «consentendo una revisione sostenibile del sistema».
Il Governo intende anche dibattere in merito alla previdenza complementare, in quanto un supporto alla seconda gamba del meccanismo condurrebbe a un aumento dei fondi pensione e assegni decisamente più consistenti.
Inoltre, il governo mira a bloccare gli interventi effettuati per tamponare, come quelli attuati dal 2019 in poi, ossia Quota 100, Quota 102 e 103 e a creare, invece, una riforma strutturale, che però è sempre insidiata da un grosso limite, quello delle risorse.
Questo scenario pare non aver convinto il sindacato Cgil, che tramite il suo segretario Maurizio Landini, ha detto che mancano risposte sia in merito alla questione dei tempi, sia in merito alle risorse.
La Cgil, infatti, parla di “disponibilità generica”. La Uil, pur essendo meno critica, ha chiesto di avere risposte urgenti perché gli interventi andrebbero messi nel Def di aprile.
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